Recuperare olio vegetale esausto, olio di frittura e olio residuo dalla conservazione degli alimenti, è un gesto per alcuni spontaneo, per altri obbligatorio, ma certamente è un atto doveroso.
Doveroso per chi? Innanzitutto per la natura e per chi la popola, uomo compreso.
Sapete che un solo litro di olio inquina una superficie pari a 1.000.000 di litri d’acqua? Quattro chili di olio vegetale versati in mare inquinano una superficie d’acqua estesa come un campo da calcio.
Lo smaltimento dell’olio esausto attraverso la rete fognaria ha effetti negativi anche economici per il comune e, indirettamente, per i cittadini: ogni chilogrammo di olio che arriva al depuratore comporta un costo di manutenzione pari a 50 centesimi.
A livello domestico invece, questo rifiuto se versato nei lavandini, ne intasa le tubature provocando disagi e obbligando all’uso di acidi corrosivi e molto inquinanti.
Se si pensa che ogni anno in Italia vengono prodotte circa 280 mila tonnellate di olio vegetale esausto (100 mila prodotte dalla ristorazione e dall’industria alimentare e 180 mila derivanti dalle utenze domestiche) ci si accorge in fretta di quale sia la portata del danno ambientale se questo rifiuto non viene gestito correttamente.
Solo se conferito nei contenitori appositi, l’olio può essere avviato a recupero e trasformato in prodotti utilissimi come saponi, distaccanti per edilizia, oli lubrificanti, inchiostri, nuova energia e soprattutto biodiesel. Non va trascurato che il biodiesel, tra i biocarburanti, presenta emissioni di CO2 molto basse: gli oli vegetali esausti, previa lavorazione, diventano quindi una valida alternativa al diesel prodotto dal petrolio, fonte esauribile e comunque sempre inquinante.
Per ogni tonnellata di biodiesel prodotto da oli vegetali esausti, utilizzata come combustibile in sostituzione al diesel fossile, le emissioni di gas serra evitate in termini di CO2 si stimano attorno alle 3,13 tonnellate.
Chiudiamo con una frase Masai, retorica quanto vera: “Trattiamo bene la terra su cui viviamo: essa non ci è stata donata dai nostri padri, ma ci è stata prestata dai nostri figli”.